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Dicembre 2020

03. Una chiara visione del futuro del sistema energetico: così gli investimenti di oggi assicurano un ruolo-chiave all’Italgas di domani
Data di pubblicazione:

Il Piano Strategico 2020-2026 prevede un impegno significativo in termini di investimenti. I 7,5 miliardi di euro messi in campo costituiscono la premessa per essere parte attiva nel processo di transizione energetica che porterà l’Europa a una completa decarbonizzazione entro il 2050.

Gli investimenti pianificati da Italgas, per quanto abbiano un orizzonte al 2026, riflettono anche la visione dello scenario a trent’anni, con un ruolo preciso per l’infrastruttura del gas, chiamata a giocare un ruolo strategico nel processo di decarbonizzazione rendendosi pronta a distribuire gas di origine rinnovabile, come il biometano e il l’idrogeno verde, assicurando flessibilità a un sistema che con il peso crescente delle energie rinnovabili rischia ulteriori rigidità.

PaoloGallo

Per capire meglio quali scenari si profilano per i prossimi decenni e quali cambiamenti saranno richiesti alla rete di Italgas, diamo la parola all’ingegner Paolo Gallo, Amministratore Delegato di Italgas.

Ingegner Gallo, dietro il Piano Strategico 2020-2026 che avete presentato c’è un disegno di più ampio respiro?

Il Piano Strategico delinea attraverso obiettivi puntuali il percorso che intendiamo seguire, partendo dal 2020 nei prossimi sei anni. C’è una visione del futuro del sistema energetico e del nostro ruolo nel lungo termine: Italgas di proseguirà nel percorso di trasformazione digitale, iniziato tre anni fa, giocando un ruolo chiave nel processo di transizione energetica che porterà l’Europa, grazie anche alle nostre infrastrutture, a ridurre significativamente le emissioni.

 

Che ruolo avrà il gas nel futuro?

Le reti di distribuzione del gas continueranno a svolgere un ruolo importante nel garantire il futuro approvvigionamento di energia. Già oggi, il sistema gas garantisce più del 60% dei 7.500 TWh del consumo europeo di energia e a tendere questo peso sembra destinato a crescere più che a ridursi, visto che sia il carbone sia il nucleare, da cui proviene una parte del 40% di energia elettrica consumata (pari a 1.400 TWh), sono destinati a essere sostituiti in parte dalle rinnovabili. É evidente che per compensare l’interrompibilità delle rinnovabili e la rigidità indotta nel sistema si ricorrerà al gas naturale. Del resto, la completa elettrificazione dei consumi è un’ipotesi irrealistica anche per la stessa Eurelectric che stima investimenti medi annui in Ue tra i 9 e i 11 miliardi di euro fino al 2050 per il raggiungimento di un tasso di elettrificazione del 60%. Perché dovremmo investire un tale ammontare di denaro, quando già esiste un’infrastruttura del gas, con un’articolata rete di trasporto, distribuzione e stoccaggio, che è prontamente disponibile e che può facilitare questa transizione? Una rete che peraltro si prepara ad accogliere fonti rinnovabili, come il biometano, già oggi disponibile, e l’idrogeno verde, che mi aspetto avrà un ruolo importante a partire dal 2030.

Per quali ragioni, a fronte di un crescente ricorso a fonti rinnovabili, il sistema richiederà maggiore flessibilità?

Da lato sarà necessario assicurare la continuità del servizio anche nei momenti di picco di consumi di elettricità, dall’altro sarà necessario fare i conti con l’imprevedibilità delle quantità di energia prodotta dalle fonti rinnovabili, che nel mix complessivo avranno un peso crescente. La parola d’ordine sarà perciò “flessibilità”. Per rispondere a queste nuove esigenze sarà necessario provvedere allo stoccaggio dell’energia: se consideriamo che la capacità di accumulo di energia idroelettrica nelle centrali di pompaggio è già quasi completamente sfruttata e che le batterie si prestano probabilmente a soddisfare una domanda contenuta, come quella del segmento residenziale, l’unica risposta risolutiva è nell’infrastruttura del gas attraverso la tecnologia del power-to-gas.

 

Quali vantaggi offre il sistema-gas?

Il gas ha un’infrastruttura ampia e capillarmente distribuita in Europa: con oltre due milioni di chilometri di reti di trasporto e distribuzione, offre una capacità di stoccaggio praticamente illimitata. L’energia prodotta da fonti rinnovabili, in quantità e tempi non prevedibili, può essere perciò trasformata in idrogeno verde o metano sintetico e stoccata nella rete del gas. Da non sottovalutare inoltre che questo tipo di stoccaggio (power-to-gas) offre un vantaggi bi-dimensionale: il tempo e lo spazio. L’energia stoccata potrà così essere utilizzata in tempi ed in luoghi diversi rispetto al tempo ed al luogo dove è stata prodotta.

Quando saranno disponibili i nuovi gas?

Il biometano è già oggi una realtà. In Italia, ad esempio, stiamo assistendo a una forte richiesta di nuovi allacciamenti, mentre oltre 20 punti di iniezione sono già stati connessi alla rete di trasporto e distribuzione. Le stime prevedono che entro il 2030 oltre il 10% della domanda di gas naturale del Paese sia soddisfatta da biometano, agevolando così la decarbonizzazione. Nei prossimi anni nelle reti del gas verranno immesse miscele con quantità crescenti di idrogeno, come ci fanno ipotizzare i primi esperimenti che sono stati condotti con successo negli ultimi anni.

Quali fattori determinano la sostenibilità economica dell’idrogeno verde?

Le variabili che ne influenzano i costi di produzione sono due: in primo luogo il costo dell’elettricità, che è atteso in discesa nel prossimo decennio soprattutto grazie al contributo delle rinnovabili: sempre più ci sarà energia prodotta da rinnovabili che non troverà spazio sul mercato. la seconda variabile è la disponibilità di tecnologie, che riducano sostanzialmente il costo degli elettrolizzatori necessari per ottenere l’idrogeno dall’energia in eccesso prodotta da impianti fotovoltaici o eolici. Ci aspettiamo che al 2030, grazie alla riduzione di prezzo dell’energia in eccesso da fonti rinnovabili e al minor costo di trasformazione, l’idrogeno potrebbe scendere sotto i 35 euro per MW/h ed essere quindi competitivo rispetto ad altre fonti.

 

Che visibilità avete su questa potenziale discesa dei costi?

Abbiamo lanciato proprio a questo scopo un progetto-pilota che ci aiuterà a comprendere a fondo la catena del valore della produzione dell’idrogeno verde e a valutarne l’impatto sulla nostra infrastruttura. In Sardegna, dove stiamo posando una rete “nativa digitale” per metanizzare l’isola, analizzeremo la possibilità di miscelare gas naturale e idrogeno con l’obiettivo di distribuirlo a utenti residenziali o industriali. Produrremo perciò idrogeno verde e lo inietteremo nelle nostre reti “intelligenti”. Testeremo poi le stazioni per la riduzione della pressione e l’intero sistema di controllo. Già sappiamo che una miscela con un 10-15% di idrogeno non presenta complicazioni tecniche, ma vogliamo verificare direttamente cosa succede man mano che l’incidenza dell’idrogeno aumenta. Nel progetto, che pensiamo diventi pienamente operativo entro la fine del 2021, siamo in partnership con il Politecnico di Torino e il centro CRS4 di Sardegna Ricerche, l’agenzia di ricerca e innovazione della Regione Autonoma Sardegna, in modo da avere un solido supporto scientifico nel gestire la sperimentazione.

 

C’è consenso sul ruolo futuro dell’idrogeno verde?

Tutti gli studi realizzati e le discussioni alle quali ho partecipato a livello italiano ed europeo convergono nel ritenere che l’idrogeno verde sarà il gas predominante nel prossimo futuro, una volta che avrà raggiunto un costo competitivo.

 

Il futuro prospetta perciò una serie di interessanti opportunità per un operatore della distribuzione del gas. Lo scenario presenta anche qualche sfida?

Dal mio punto di vista la sfida numero uno è rappresentata dal riuscire a contenere le emissioni di metano. Un aspetto che è anche in cima all’agenda della Commissione Europea. Su questo punto ci siamo posti un obiettivo: ridurre del 20% le nostre emissioni CH4 nei prossimi anni, impiegando la tecnologia Picarro di cui disponiamo. L’altra sfida è quella di adattare la nostra infrastruttura ai nuovi gas. Per raggiungere questo obiettivo esiste una sola strada: digitalizzare completamente la rete. Solo così potremo poi impiegare l’Intelligenza Artificiale e avanzati strumenti “smart”. Questa è una strada che abbiamo imboccato tre anni fa e che ci sta già portando concreti benefici, come testimoniano i risultati conseguiti nei primi nove mesi 2020: a fronte delle importanti restrizioni imposte dall’emergenza Covid-19, è stato essenziale potere contare, grazie al livello di digitalizzazione già raggiunto, sul monitoraggio a distanza dei cantieri o sulle procedure di manutenzione teleguidate.

 

Una rete intelligente è dunque necessaria per trasportare i nuovi gas?

È essenziale: non c’è transizione senza digitalizzazione. Sarà indispensabile conoscere in tempo reale quale tipo di gas o di miscela sia presente in una determinata condotta. Proprio a questo scopo stiamo installando dispositivi per l’analisi del gas, il cosiddetto “gas analyzer”, che ci consentiranno di sapere se stiamo trasportando CH4, oppure CH4 in miscela con biogas e, in futuro, anche con idrogeno. Visto il diverso potere calorifico dell’idrogeno, dovremo essere in grado di fornire al cliente finale una miscela che presenti sempre la stessa quantità di energia. Gli investimenti che stiamo sostenendo per la digitalizzazione degli asset ci permetteranno di immettere nella rete, e quindi distribuire, diversi tipi di gas. È questa la nostra risposta come operatore a fronte dell’esigenza di facilitare il percorso verso un’economia decarbonizzata.

 

Italgas opera in un business regolato. Gli investimenti richiesti per realizzare questo tipo di trasformazione della rete come sono visti dal Regolatore?

Senza dubbio, se vogliamo rispondere prontamente e con efficacia a queste nuove sfide, dobbiamo poterci muovere nel quadro di una regolazione equa e aperta all’innovazione. Il Regolatore italiano ha dato prova già in passato di guardare molto più avanti di qualsiasi altro Regolatore in Europa: basti pensare all’ambizioso progetto di sostituzione dei misuratori tradizionali con gli smart meters. Attualmente, se consideriamo il documento di consultazione sull’innovazione, vediamo che c’è l’intenzione di supportare progetti di sviluppo in nuove aree, che riguardano l’ottimizzazione della gestione delle reti, l’utilizzo innovativo delle infrastrutture esistenti, così come l’innovazione tecnologica e operativa delle reti.

 

Con questo Piano al 2026, ritiene che Italgas abbia fatto una scelta di campo?

Italgas ha le competenze e le risorse per rispondere a queste sfide, che sono allo stesso tempo una grande opportunità. Gli investimenti già pianificati da qui al 2026 dimostrano che intendiamo rafforzare e rendere ancora più smart e intelligente la nostra rete, percorrendo fino in fondo la strada della trasformazione digitale. Una trasformazione che coinvolge tutta l’azienda: non solo gli asset, ma anche i processi e le persone, con quest’ultime coinvolte in un intenso programma di re-skilling. Del resto, avendo a disposizione una così grande quantità di dati, sarà necessario avere persone in grado di interpretarli e usarli in modo efficace.

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